Cibo in montagna

Se osserviamo i grandi esploratori alpinisti del passato curiosamente mostravano un’insolita incongruenza tra la rudezza del loro aspetto – con baffi ispidi e pelle “incartapecorita” dal sole – e l’acuta sensibilità per gli aspetti estetici del paesaggio e del buon cibo. Pensiamo ad esempio a Mallory e compagni, nella celebre spedizione all’Everest del 1924, dove tra gli approvigionamenti non potevano mancare sessanta scatolette di quaglie in fois gras e champagne d’annata! Come dimenticare poi le interminabili scarpinate dei primi salitori di tante vette delle Alpi Centrali che vedevano spesso come unico alimento un pollo intero, prima utilizzato più volte per la preparazione di un brodo corroborante e poi finalmente consumato. Da allora il modo di cibarsi in montagna è cambiato parecchio. Sulle Alpi, la capillare diffusione di punti di ristoro in quota consente ormai di ridurre al minimo la necessità di trasporto di cibi e bevande. Barrette energetiche, gel e integratori salini (o ancor meglio un po’ di frutta secca e un piccolo panino imbottito) consentono al moderno alpinista di far fronte alla maggior parte delle salite. In altri casi però – più spesso in spedizioni o trekking extraeuropei – rimane la necessità di trasportare una quantità di viveri necessaria ad un’ascensione di più giorni. Per contenere al massimo il peso e volume dei cibi da caricare nello zaino , con garanzia di lunga durata e conservazione, oggi esistono diverse e nuove possibilità rappresentate dai prodotti liofilizzati. Alcune aziende si sono specializzate nella commercializzazione di questi prodotti, unitamente a sistemi di purificazione dell’acqua. Basta un po’ d’acqua calda versata direttamente nella busta d’alluminio e il pasto è pronto. Cibo d’astronauti è vero.. che non possiamo paragonare a nessun prodotto fresco, ma che in caso di necessità diventa una preziosa leccornia. Mic

 

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